I fiori eduli non sono certo una novità, eppure ogni volta che vediamo in un piatto una manciata di petali di gelsomino o di viola restiamo meravigliati, anche un po’ interdetti, di fronte a tale versatilità.
L’utilizzo dei fiori in cucina risale a migliaia di anni fa, ma grazie alla sperimentazione di due chef stellati, Michel Bras e Marc Veyrat, essi divennero ingredienti sempre più importanti nel mondo dell’alta ristorazione. Nei cosiddetti “paesaggi commestibili” i fiori giocano un ruolo fondamentale, non solo per la loro consistenza, il loro aroma e i colori sfavillanti, ma anche perché comunicano un mondo delicato, gentile, poetico.
Spesso gli chef amanti dei fiori commestibili si applicano in ricerche approfondite insieme ai botanici, per creare varietà particolarmente adatte ai loro piatti. La crescente domanda della ristorazione ha consentito la nascita di aziende dedicate a questo specifico impiego, che ricercano senza sosta varietà floreali in tutto il mondo e le propongono ai migliori e più arditi offerenti.
Oggi troviamo poche specie di fiori eduli sugli scaffali dei supermercati, ma in tutto sono quasi una quarantina. Godeteveli, ma assicuratevi di conoscerli prima di assaggiarli, onde evitare brutte sorprese.
Buona rinascita, dunque, e buon appetito!
Molte sono le specie di flora e fauna ormai estinte in natura ma che sopravvivono in cattività. L’artista americano Michael Wang espone alla Fondazione Prada un’interessante selezione di organismi, noti e meno noti, che devono la loro esistenza alla volontà dell’uomo. Oltre all’esposizione vivente il percorso è arricchito da una ventina di fotografie che mostrano ulteriori specie nei loro habitat originali, prima dell’ estinzione.
Le tre strutture in vetro e alluminio, illuminate artificialmente, che ospitano salamandre acquatiche, fiori rari ed apprezzate piante medicinali spostano l’attenzione dello spettatore dalla sfera puramente artistica a quella della pura sopravvivenza, stimolando una riflessione sulla possibilità di vivere in un contesto addomesticato, di natura manipolata e adattata, in sostanza, artefatta.
Quanto siamo natura e quanto cultura? Nella nostra bella città questo interrogativo si pone grazie all’arte giovane e inedita di questo autore, già premiato nel concorso internazionale “Curate Award” per nuovi talenti.
“Extinct in the Wild”: fino al 9 aprile alla Fondazione Prada, largo Isarco 2 – Milano
“Godere dell’essere discreto vuol dire accettare da subito che non si può goderne in eterno. Significa rinunciare davvero, e con grande gioia, alla vita eterna e omogenea, fonte di tanti desideri mortiferi.”
Cosa significa vivere con discrezione nell’epoca attuale, nella società dello spettacolo, del circo mediatico? L’autore - docente di filosofia all’Università di Parigi VII – Denis Diderot - propone una riflessione obbligatoria, per chiunque voglia esercitare il proprio spirito critico e non rinunciare a pensare lo Zeitgeist, lo spirito del tempo.
Orientare i propri pensieri su ciò che è vivo e su ciò che bello, socialmente e politicamente, vuol dire andare nella direzione opposta a quella dell’apparizione, vuol dire cogliere la bellezza nuda del gesto; non dell’opera, né dello statuto, ma della sussurrata impersonalità che produce un sorriso, un po’ di gioia o di energia, la bellezza democratica della vita ordinaria, un’esperienza “che esige di deporre ogni sovranità per aprirsi alle possibilità, per diritto illimitate, della vita anonima”.
Questo approccio ci avvicina a una concezione di felicità assai particolare, ben lungi dalla felicità dell’avere o dell’essere per qualcun altro: “…sottrarsi ai vani giochi delle immagini di sé e delle ambizioni personali; sottrarsi alle cose che si posseggono come a quelle che non si posseggono; sottrarsi alla paura di perdere come a alla paura di non aver più nulla da perdere: potremmo chiamarla felicità per sottrazione”.
Grazie amico, che mi hai letto nel cuore.
Pierre Zaoui, L’arte di scomparire
edizioni Il Saggiatore
Un luogo pieno di gloria per veri appassionati, fuori dalle rotte turistiche consuete, che conserva intatto un gioiello unico, testimonianza della nostra grandiosa civiltà.
A Velia, antica Elea, cuore della Magna Grecia, il viaggiatore ammutolisce di fronte a Porta Rosa, unico esempio di arco greco del IV secolo, un vero gioiello dell’architettura dell’epoca, il primo arco “a tutto sesto” della nostra storia. Il fascino degli scavi viene amplificato dalla posizione del sito, a picco sul mare del Cilento.
Non solo: per gli appassionati di storia e di filosofia passeggiare tra le strade di Velia procura un brivido di pura emozione, ripercorrere i passi dei padri della filosofia della scuola eleatica significa rinascere con essi. Non stupisce affatto che la comparsa del logos sia avvenuta proprio qui, benedetta dal sole e dal mare.
L’estrema armonia degli elementi è talmente viva in questo luogo, da non chiedere nessuno sforzo all’immaginazione. Respirate il sale, il corbezzolo e la felicità di essere così fieri delle proprie origini.
Porta Rosa - Velia, provincia di Salerno, Italia.