Un memoir appassionato e persino politico, una sfida contemporanea, attraverso un linguaggio vibrante e modernissimo, quella a cui ci invita Jorn de Précy: fate giardini!
Veri giardini, naturalmente, luoghi indomiti, fuorilegge.
Giardini in ascolto del genius loci, in cui ritrovare la vera umanità che l’uomo dovrà ritornare ad apprendere, creando con la natura.
Si, esistono ancora nel mondo rifugi incantati, lontani dalle perversioni della civiltà, in cui possiamo ritrovare nel dialogo e nella familiarità con la natura, ciò che ci rende umani e degni del bello che la vita offre.
Recatevi nei giardini, in quelli abbandonati e selvaggi, e qui un lungo elenco: Sceaux, Kelmscott, giardini italiani culla di ogni poesia, fino a Greystone, giardino ri-creato dall’autore.
Veri luoghi in cui la presenza che percepiamo entrandovi risveglia qualcosa in noi, ci chiama, forse ci stava aspettando.
Recatevici ma soprattutto ricreateli: giardini selvaggi, sempre brulicanti, concentrati di vita. Lusso vitale ininterrotto (il Tao dei saggi cinesi, la Via, tutto è nel Tao e cercare di allontanarsene è solo causa di infelicità), il tempo del giardino è quello della vita, che ci radica nel qui e ora.
Un lento, dolce, eterno presente pregno di bellezza. Create il vostro giardino selvatico e abbandonatevi al luogo, per ritrovare, senza neanche accorgervene, l’unità del vostro essere.
Buona Rinascita e Buona Lettura!
Jorn de Précy, E il giardino creò l’uomo
Un manifesto ribelle e sentimentale per filosofi giardinieri
Saggi Ponte delle Grazie