04 settembre 2016

ALCHIMIA DELLA RINASCITA

#7 Il mio regno per un caffè
MICHELE DEL RE, IL SEGRETO DEL GIARDINO DEL SOGNO


Se, come dice il filosofo cinese T'ien Yi-Heng, beviamo il tè per dimenticare il frastuono del mondo, ci accingiamo alla tazzina del caffè per affrontare il mondo con indomita risolutezza.

La Rinascita passa spesso attraverso un rituale e ormai tanto si è detto e scritto sulla nobile arte della preparazione del tè; ancora assai sottovalutato è, invero, quello del caffè: di certo più pragmatico ma non per questo meno rigenerante. Del resto la nostra tradizione italiana è intrinsecamente legata a questa scura e affascinante bevanda, davanti alla quale saluta il mattino la stragrande parte della popolazione dello stivale. Alla Campania spetta l'osservanza più stretta del rituale: il caffè si beve bollente, senza zucchero e nella chicchera; non provateci neppure a chiedere un caffè americano e non azzardatevi ad indugiare un attimo di più attorno alla tazzina rischiando di farne raffreddare il mistico contenuto, pena litigio con il barista. A chi abita altrove è data qualche concessione in più, contaminandosi la purezza della ’tazzulella’ con abitudini e costumi locali: a Roma il caffè è annegato nella crema, a Milano il caffè è sempre più complicato (macchiato freddo, caldo, ristretto, lungo, doppio, in tazza grande…si salvi chi può!), a Lecce si mitiga la calura col caffè ‘in ghiaccio’, e via così con le molteplici varianti tipiche della nostra bella penisola, che mai ci fanno dimenticare la bellezza dei cinque minuti di un caffè solitario oppure della ciarliera pausa-caffè aziendale, dalla tempistica relativa. Insomma il caffè è uno dei massimi piaceri della vita, tutto sommato innocuo, senza pensieri, assai democratico ma gradito trasversalmente.

Buona Rinascita, 100% arabica.

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